14/12/2018
Sembra che sia passato un attimo da quando Andy Warhol fondò uno dei maggio...
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MASSIMILIANO FABRIS Ai bei tempi dell’università una delle più bel...
continua07/12/2015
EX POP happening Molto ha influito Expo 2015 nella preparazione dell’eve...
continua27/10/2014
Nel titolo della mostra di Massimiliano Fabris, “Prato e… Massimiliano Fabr...
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MASSIMILIANO FABRIS IN MOSTRA CON DANCE & DRINK, al Circle Cafè di Prato ...
continua10/05/2013
Opera singolare con stile fresco libero e personale. Un omaggio alla music...
continua14/12/2018
Sembra che sia passato un attimo da quando Andy Warhol fondò uno dei maggiori movimenti artisti del secolo scorso, innovativo e moderno tanto quanto amato dal grande pubblico; eppure siamo già, a distanza di pochi decenni, nell’era del Neo Pop Massimiliano Fabris, nato a Novara ma da sempre residente a Prato Sesia, a pochi passi dalla provincia piemontese, mostra fin da giovane l’attitudine all’arte figurativa; inizia intorno ai vent’anni i primi studi sui corpi plastici e classici di Michelangelo per poi avvicinarsi alle tecniche meno realistiche di Toulouse-Lautrec e di Van Gogh ai quali si ispirerà per l’uso dei colori e l’utilizzo del pennello. Amante del territorio in cui sceglie di risiedere, non riesce a non rendere il suo paese protagonista dei primi lavori, ancora legati, per i materiali come i pastelli e gli acquerelli, a quell’arte di fine Ottocento che tanto gli è cara, anche sorretto dal legame con il suo maestro, il Neoimpressionista don Mario Vanini. Il passaggio alla tecnica particolare e distintiva che lo caratterizza oggi è graduale, probabilmente perché deve maturare, attraverso la sperimentazione, quella che sarà la sua destinazione finale, o provvisoriamente finale considerando l’innegabile realtà che gli artisti sono in perpetua evoluzione, quel Neo Pop che con lui assume le note chic ed eleganti delle immagini patinate della pubblicità, vicine a opere grafiche che però grazie alla sua capacità espressiva hanno un’anima, rappresentano un modo di essere dell’artista stesso. pure love Riuscirà Groninga in questa impresa? Nei Paesi Bassi c'è una città che vuole presto essere la prima a contribuire al 100% ad una migliore salute dei suoi cittadini. Fabris, oltre ciò che arriva a una prima occhiata, nasconde nelle sue pennellate tanto grafiche, anche un significato che vuole andare oltre ciò che emerge a primo impatto, un sussurro intuito e poi meditato, come se l’artista suggerisse di non fermarsi all’apparenza bensì esortasse l’osservatore ad approfondire anche la sostanza, nell’arte come nella vita. horus Si lascia affascinare dal simbolo e sceglie di dedicare un’intera produzione ai protagonisti di Miti e Leggende, non quelli più conosciuti però, bensì quelli che lui stesso desidera far scoprire al suo pubblico di appassionati e ai suoi collezionisti: dal dio-falco egiziano Horus, protettore dei faraoni e che incarnava l’ordine ed era garante dell’armonia universale, da Fabris rappresentato nelle sue sembianze di bambino, passando da San Sebastian, militare diventato martire per aver sostenuto la fede cristiana, per finire a Phosphoros, personaggio della mitologia greca, dio personificazione della luce e figlio del titano Astreo e della dea Eos, stella del mattino, la luce che viene dal pianeta Venere. phosphorus san sebastian L’artista riesce magistralmente ad attualizzare questi miti, trasformandoli in moderni angeli, icone, che vivono tra tinte forti, elementi contemporanei come il cd – nella ritrattistica si specializza proprio nell’intaglio di cd applicati sull’acrilico – tenuto in mano da Phosphoros che genera luce proprio in virtù della sua superficie dorata sulla quale si specchiano gli occhi dell’uomo-dio; e ancora un San Sebastian trafitto ma con gli addominali scolpiti e lo sguardo incuriosito, come se in fondo ciò che sta vivendo fosse un gioco, qualcosa di inusuale che semplicemente si sta trovando davanti; e ancora Nebkepherura, signore delle metamorfosi di Ra, che viene rappresentato come un prestante ragazzo orientale, tatuato, fiero perché sicuro del potere della sua forza e della sua solarità, avvolto dal sole-cd che sa che sempre lo accompagnerà. Il suo stile personale e riconoscibile fuoriesce in modo evidente dall’uso di colori forti, fluo e nettamente delineati, che immortalano e quasi scolpiscono emozioni, sensazioni; e dunque non potrebbe mai trascurare i ritratti, in particolar modo femminili, che tanto cari sono stati a tutta quella parte figurativa della celeberrima Pop Art della scuola di Warhol. nebkepherura Ecco dunque apparire Jlo, con il suo fascino latino che emerge potente dallo sguardo attraverso il quale sembra voler uscire dalla tela, e la cantautrice e modella statunitense Lana del Rey, con il suo sorriso ammiccante e complice, come se si trovasse all’interno di uno dei videoclip dei suoi brani. jlo E poi ancora il sorriso innocente del bambino protagonista di I do this, felice dell’inaspettato contatto con una natura che sembra voler andare verso di lui. i do this I colori definiscono, anche se netti e decisamente innaturali, sembrano riempire di luce gli sfondi scuri dei ritratti; è un mondo colorato quello di Fabris, divertente, dissacrante, sospeso tra presente e passato, tra sacro e profano, con una netta impronta comunicativa per catturare l’attenzione del pubblico, anche quello meno esperto, quello meno competente ma che, grazie a una forma espressiva più immediata, più popolare appunto, riesce ad arrivare in maniera diretta, immediata, spontanea. in my he.art Ed è proprio nella contaminazione tra le varie modalità espressive, quelle che consente ad appassionati di un genere di lasciarsi conquistare da un altro, che crea gli eventi nelle sue mostre, Massimiliano Fabris. Musicisti, ballerini, barman, registi e scrittori, trasformano la sua arte visiva in vera e propria esperienza sensoriale. MASSIMILIANO FABRIS-CONTATTI Email: info@massimilianofabris.it Sito web: http://www.massimilianofabris.it/ Marta Lock - dicembre 14, 2018 L'OPINIONISTA GIORNALE ONLINE
23/06/2018
MASSIMILIANO FABRIS Ai bei tempi dell’università una delle più belle scoperte fu la canzone d’autore. Io e alcuni amici, infatti, cominciammo a studiare grandi songwriter come Fabrizio De André, Leonard Cohen, Francesco Guccini, Jacques Brel, e tanti altri. Ascoltavamo i loro brani come se da quei testi, accompagnati dalla musica, ci dovesse giungere un suggerimento per capire meglio noi stessi e il mondo che ci circondava. Ci rendemmo così conto di quanto fosse complesso dare una definizione di arte, e ancora più di poesia. Si, perché leggendo libri che analizzavano l’opera degli chansonnier che di volta in volta scoprivamo, spesso li trovavamo definiti con il termine (per alcuni improprio) di poeti, eredi di quella tradizione che risale addirittura ai primordi della storia, quando i testi erano sempre accompagnati da musica, e trasmessi oralmente, forse addirittura cantati. Ciò che ci piaceva era il connubio, l’unione indissolubile tra parola, musica e voce, che faceva di quell’arte, detta appunto canzone, un qualcosa di diverso, a sé, capace però di uno sguardo profondo sul mondo, di certo non inferiore a quello con cui i grandi scrittori avevano per secoli interpretato la realtà. Un altro aspetto che amavamo era il concerto, il momento in cui questi chansonnier si esibivano dal vivo incontrando il proprio pubblico; accanto alla voce, alla musica e al testo, scoprimmo che fondamentale era il modo in cui essi stavano sul palco: attraverso la loro fisicità, il loro muoversi, facevano ulteriormente risaltare i propri brani, consentendoci di capirli e apprezzarli ancora meglio. Se penso a un grande cantautore come Giorgio Gaber, credo che non sia sufficiente ascoltarlo: si deve vedere una delle registrazioni dei suoi spettacoli teatrali per comprendere fino in fondo la sua ironia e la sua grande, stupefacente attualità. Cosa c’entra tutto questo con una mostra? Ho scoperto Massimiliano Fabris perché fa parte di un gruppo di artisti che si chiama Eccellenze artistiche, e guardando i suoi quadri sono rimasto colpito dalla vivacità dei colori che utilizza e dal fatto che inserisce nelle sue opere materiali come CD, vinili e piume di struzzo. Ma ciò che mi ha stupito in particolare è proprio l’importanza che l’artista novarese dà alla musica, vero e proprio comune denominatore delle sue opere; i paesaggi delle città di Granada e San Sebastiano sono per esempio riletti attraverso la musica popolare e le canzoni della tradizione locale. È un po’ come se questo pittore, in un certo qual senso, desideri, con i suoi quadri, fare da ponte, creare un incontro tra arti diverse. Questo incontro, questa sorta di impasto tra arti apparentemente lontane, questo tentativo di unire linguaggi (la musica, la parola, il corpo; nello specifico di una mostra il colore che incontra le note di paesi lontani e le reinterpreta) mi affascina perché è un po’ il simbolo della vita stessa, che ci porta incontro a situazioni e persone diversissime tra di loro, con cui dobbiamo convivere e camminare verso il futuro che ci aspetta. L’arte, insomma, diventa non solo uno strumento di conoscenza della realtà, ma anche e soprattutto un invito alla pace, all’accettazione della diversità, così come diversi sono i materiali che rendono possibile questa manifestazione della grande espressività umana, nelle sue varie forme. Massimiliano Fabris è nato a Novara, ma vive a Prato Sesia. La sua passione per l’arte figurativa si manifesta quando ha all’incirca vent’anni, e studia i corpi classici di Michelangelo, Toulouse - Lautrec e Van Gogh. Da sempre è importante il suo rapporto con il carnevale pratese e il paese nel quale abita, che sono la fonte principale dei suoi primi soggetti. Grande è l’incoraggiamento che riceve da Don Mario Vanini. Negli ultimi tempi, i suoi lavori sono caratterizzati dall’utilizzo di materiali diversi, che vanno dal legno alla tela, e da una influenza new - pop. Il pittore novarese spinge lo spettatore a guardare la realtà con occhi nuovi che gli consentono di spaziare verso orizzonti inattesi. Stefano Galazzo
07/12/2015
EX POP happening Molto ha influito Expo 2015 nella preparazione dell’evento proposto da Massimiliano Fabris per la serata del 28 dicembre prossimo, tanto da darne il titolo. Expo è stato sicuramente un fenomeno collettivo al quale ben pochi si sono sottratti, le diverse posizioni, infatti, positive o negative che fossero, altro non hanno fatto che confermare l’importanza dell’avvenimento, la ricaduta culturale che ha avuto sul nostro Paese. A prescindere da tanti dati e numeri, per Massimiliano, da vero artista new pop qual è, Expo è stato sicuramente almeno un grande, coloratissimo luna park del XXI secolo, un viaggio nell’Uomo, in compagnia delle divinità degli Arcangeli che, immergendo ogni essere umano in una temporalità mitica al di fuori della linearità della Storia, lo strappa a se stesso, rendendolo universale, al di là del tempo e dello spazio. Puro colore, pura luce. Cosa dobbiamo aspettarci questa volta dal nostro artista? Un heppening new pop, un capodanno viennese proposto a Prato, che affonda le proprie radici nell’esperienza di scenografo di Fabris, che per molti anni si è occupato dell’organizzazione del carnevale del paese. Gli happening sono una forma d’arte contemporanea che nasce attorno al 1960 e si focalizza non tanto sull’oggetto, ma sull’evento che si riesce ad organizzare: una forma di teatro in cui i diversi elementi, compresa l’azione scenica, sono montati deliberatamente insieme. In particolare, avremo un incipit importante: “C’è un tempo per ricominciare”: la frase è stata tratta dal titolo di una poesia di un’amica dell’artista, scritta pochi giorni prima della sua morte. Accanto, un autoritratto del nostro pittore, accanto alla sua Mamma, perché, lui stesso afferma “in fondo tutto è cominciato da lì”. E poi, musica, assolutamente musica, con un’orchestra di circa trenta elementi, l’”Ex novo Ensamble”, che proporrà durante la serata musiche diverse, dalla Radetzky March, alla Barcarolle di Offenbach, suonata ne “La vita è bella” di Benigni, e lo straordinario Brindisi della Traviata. Denominatore comune di questi pezzi? La presenza dei violini, tanti violini, che, secondo la leggenda, è strumento del Demonio. Tutto ciò ci rimanda a Niccolò Paganini, il più grande violinista dell’800, la cui figura è da sempre ammantata di un alone di mistero. E non a caso, una delle grandi tele proposte in mostra raffigura proprio Lucifero. E’ la musica, che , da sempre, fin dai suoi primi esordi, accompagna i lavori del nostro artista: quando lui stesso descrive le sue opere, infatti, non manca mai di precisare la colonna sonora che ne ha accompagnato la stesura. Si tratta quindi di tele vive, danzanti, che si pongono come metafora dell’esistenza, con una genialità tutta contemporanea ed un’inquietudine nuova, spiritualmente alquanto più complessa della ritmica gioiosa delle musiche in programma. La scenografia è poi composta dalla presentazione di grandi tele raffiguranti gli Arcangeli, sette, più Lucifero: per ottenere i loro volti è stato fatto un mosaico di 28 foto di amici dell’artista tratte da Facebook, e qui mi piace davvero sottolineare con quanta naturalezza Fabris utilizza questo nuovo mezzo massmediologico, con quanta spontaneità lo eleva a dignità artistica. In mostra poi un’interessantissima immagine della Madonna, assolutamente contemporanea. Fabris infatti decide di dipingere due ragazze, quasi un selfie di due amiche, freschissimo ed immediato: impossibile discernere quale tra le due sia la Vergine, sappiamo che Ella è presente dalla raffigurazione delle 12 stelle: il numero 12 è infatti tradizionalmente assegnato alla Corona, simbolo di vittoria, della Madonna. La parte sacrale dell’esposizione è poi conclusa dalla figura del Cristo, ancora realizzato con campiture sfumate, non più utilizzate dall’artista nei lavori recenti, dove, come modello, ritorna il Cristo di Romagnano Sesia, la cui Passione è fatta rivivere da ben tre secoli dagli abitanti del paese. Completano il quadro le grandi tele raffiguranti sei divi contemporanei, da Madonna a J. Lopez. Un accenno particolare meritano i lampadari, che Fabris ha realizzato utilizzando il suo laif motiv che lo contraddistingue dagli esordi, ovvero l’utilizzo dei cd, che nelle sue mani diventano specchi vivi multicolori, una Murano rivisitata che nelle mani del nostro artista crea atmosfere elegiache, irreali, che concorre a realizzare immagini che appaiono come visioni oniriche, salde per un istante e subito sfuggevoli, infatti la location della palestra del Comune verrà totalmente reinventata dal nostro artista per far posto alla materializzazione di un sogno, fatto nel 2003 dal Fabris, in cui egli esce in frac con due amici. Oramai la cifra del nostro artista è più che riconoscibile, la ricerca cromatica e la campitura hanno raggiunto i risultati di una particolarissima ricerca grafica, quindi portata ad accentuare gli aspetti immediati della realtà, tuttavia, esprimendosi da pittore, li ha immersi nella luce e nelle forme di una classicità che è tale non solo figurativamente, ma anche nell’idea, nel genio che la suggerisce. Il luogo cambierà, diverrà luogo altro, diverrà teatro, ed, in particolare, le ali degli angeli proseguiranno oltre le tele, a ricordare quel potente graffitismo che già fu di Keith Haring: la gamma cromatica è ridotta all’essenziale, le linee divengono rapide e sintetiche, lo spazio è grintoso e possiede la capacità di sottrarre un’apparizione fugace al suo naturale rapido scorrere. Perché dove si alza un sipario, sempre s’accende una magia. Eliana Frontini
27/10/2014
Nel titolo della mostra di Massimiliano Fabris, “Prato e… Massimiliano Fabris” emerge una parte importante della poetica del nostro artista, che dimostra di essere sinceramente legato al suo territorio, alle tradizioni, al suo vissuto, soggetti che spesso compaiono nelle sue tele: il paese , nel momento della sfilata del carnevale, oppure le vigne ed i campi. Nei paesaggi soprattutto emerge il Fabris figurativo, ma è anche un figurativo che direi romantico, grazie al senso naturale che il nostro artista ha per la prospettiva, che definirei quasi “solida”, rubando il termine al mondo del teatro, perché l’effetto delle linee si compone con quello del rilievo plastico, fino ad ottenere spazi profondi, che prendono per mano l’osservatore portandolo verso l’infinito. I soggetti di Fabris sono i più diversi. I ritratti di amici e famigliari, per esempio, sono energici ed intensi: seppure da autodidatta, il nostro artista è riuscito a raggiungere un’ottima capacità d’indagine e sintesi dei volumi anatomici. Fabris raffigura poi animali, sempre in pose fiere o giocose, la città spagnola di San Sebastian, con i suoi abitanti ed i suoi ambienti, e non disdegna, a volte, di strizzare l’occhio alla religione con un vigoroso arcangelo Michele armato contro il mondo, o alla politica, con un possente Che Guevara che appare dalle spire di un enorme sottobicchiere. Un elemento importante per Fabris è la musica, che ascolta in continuazione mentre dipinge. Che tipo di musica? Tutta, assolutamente tutta, dal rock alla disco, dai cantautori italiani alle band europee. Questo mi fa ricordare Kandinsky, quando la sua pittura diviene sempre più una sorta di composizione musicale, una sinfonia di colori, come ebbe a definirla in più occasioni: “Già molto presto mi resi conto dell’inaudita forza d’espressione del colore. Invidiavo i musicisti i quali possono fare arte senza il bisogno di raccontare qualcosa di realistico. Il colore, però, mi pareva altrettanto realistico del suono”. Richiamano ancora il pittore russo le spirali che Fabris traccia sulla tela, cercando continuamente emozione nel colore, nel gesto, nel segno: le sue mani guidano i pennelli, a loro volta accompagnate dal calore del suo cuore appassionato. Non è casuale, inoltre, a mio avviso, la scelta di questa struttura formale: la spirale di per sè è un simbolo di vita che continua, avanti e indietro, espressione di energia e di viaggio interiore. Nell’insieme questa è una pittura sentita direttamente, coltivata con sincerità e con forza, la sua validità sta nel fatto di saper dare una genuina documentazione interpretativa di una precisa realtà circostante locale. Denominatore comune di tutta la produzione di Fabris è però l’indiscussa appartenenza alla corrente New Pop, anche per le tecniche esecutive da lui utilizzate: le più varie, con una preferenza al polimaterico. Fabris ama inserire veri e propri pezzi di realtà oggettiva nei suoi lavori (bella la figura tutta giocata sui CD, che diventano stoffa, soli, e modellano la tela tramite la luce che agisce sulle superfici). Un mix di vintage che si ispira alla moda anni '60 e '70 quando le fantasie floreali e geometriche in colori sgargianti spopolavano nelle gallerie d’arte… e allora via libera a quadri con immagini psichedeliche: dipingere in stile new pop dopo circa 50 anni dalla nascita di questa corrente artistica significa avere un caleidoscopio alla mano e vedere il mondo a colori. Fabris parte alla scoperta dell’arcobaleno non disdegnando nessuna tonalità, tutto è colore e tutte le tinte vengono aggregate in modo ludico e divertente: una rivoluzione contro un modo un po’ troppo rigido di vivere l’arte contemporanea e le sue tendenze figurative, una libertà di scelta ed un modus vivendi che si realizza e si conforma al gusto di chi vive la propria vita. C’è una vera gioia, infatti, per Fabris, nello stendere il colore, un vero piacere nel giocarci, e così il colore canta: perché si incanta da sé, si avvolge, si avvince e si pone su di un palcoscenico di musica per una danza di luce e ritmo, forte come un rito pagano, quotidiano come una preghiera di fede. Le sue composizioni si possono considerare un filtro di riflessione sulla realtà vissuta, sociale ed autobiografica. Quello che emerge nell’osservare le opere di Fabris è un senso di magia e di mistero, alla ricerca di un senso a noi famigliare: quadri dominati dal pathos, dove il nostro artista riesce a dialogare con la parte irrazionale del nostro animo e, con felice fervore inventivo, raggiunge sempre lo spirito dell’osservatore. Eliana Frontini
27/06/2013
MASSIMILIANO FABRIS IN MOSTRA CON DANCE & DRINK, al Circle Cafè di Prato Sesia Il Circle Café di Prato nello scorso fine settimana si è trasformato in un’insolita galleria d’arti in movimento: un artista, Massimiliano Fabris, un cocktail-man talentuoso, Mauro Pera, e la musica di tendenza, si sono incontrati per creare un variopinto “happening sensoriale”: quadri, musica e cocktails per una festa che ha coinvolto decine di persone. Chi pensa che un bar sia semplicemente un posto dove “spannare” i sogni della notte con un caffè nero corto e bollente, deve proprio ricredersi: il Circle Café è un bar dove tutti vorremmo capitare di notte, per ascoltare i racconti di colore con la musica a palla, per conoscere gli altri misteriosi avventori, uno zoo stralunato di un artista che ha dentro l’irresistibile voglia di esprimersi, necessità espressive dettate dal desiderio di uscire dagli schemi tradizionali imposti dall'arte, per avvalersi di mezzi appartenenti ad altre discipline (cinema, danza, musica, letteratura). Nell’ottobre 2012 Fabris, giovane artista autodidatta che dipinge da più di vent’anni, aveva esposto in sala consiliare: “Prato e…Massimiliano Fabris”: una sinestesia creativa pensata e realizzata da un pratese che aveva voluto dedicare la sua prima mostra personale proprio al suo paese. Con Dance & Drink Massimiliano torna con due serie di quadri dal percorso parallelo, che del tutto illogicamente si interseca: l’impossibile è proprio la cifra di lettura. Dance era composta da dodici tele in acrilico ed inserti multimaterici in cui Fabris rendeva omaggio a brani e rock star che hanno fatto la storia della musica, “cannibalizzata” metaforicamente attraverso i frammenti di CD che diventavano parte integrante delle opere grazie ai loro riflessi. Drink nasceva dalla collaborazione tra Fabris e Pera, barman da dodici anni, che ha mixato cocktails da New York a Prato Sesia: undici installazioni composte da tele circolari di 75 centimetri di diametro, che rappresentavano i bicchieri dalla prospettiva del cliente che si appresta a bere, con accanto l’omonimo drink: dal ghiaccio emergeva un profilo femminile, oppure il volto del Che nella libera interpretazione del celebre Cuba Libre, il cocktail preferito da Hemingway. Dopo la presentazione un flash mob a sorpresa nella vicina piazza, improvvisato dai ballerini del gruppo No Name, che hanno coinvolto il pubblico. … e poi la festa continua per buona parte della notte, prolungandosi per tutto il fine settimana, rinnovandosi continuamente attraverso gli sguardi sempre diversi degli “avventori”. Piera Mazzone
Allegato 1: I NO NAME
10/05/2013
Opera singolare con stile fresco libero e personale. Un omaggio alla musica che qui vediamo trasportare la donna in un altra dimensione sorretta da angeli-farfalla. Interessante il gioco di contrasti nell'uso del colore caldo-freddo per la descrizione del corpo femminile ritratto. ANNA LIUZZI
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